Post OPG. Le nuove linee dell’accordo della Conferenza Stato Regioni per la gestione dei pazienti con misure di sicurezza. Luci e ombre. di Antonella Calcaterra

1. Chi opera sul campo e vive la pratica quotidiana della gestione dei pazienti psichiatrici in ambito penale e penitenziario non può che accogliere con apprezzamento l’Accordo in conferenza unificata 188 del 30 novembre 2022 per la revisione del precedente accordo conferenza Stato Regione del 26 febbraio 2015 al fine di “regolamentare efficacemente lo svolgimento delle funzioni delle istituzioni coinvolte nella gestione dei pazienti cui è applicata la misura di sicurezza”.

Ciò anche alla luce della problematica emersa ed evidenziata dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria di continue richieste da parte delle autorità giudiziarie di designazioni di Rems … “pur non avendo nei fatti il potere di disporre autoritativamente l’assegnazione dei pazienti in Rems”.

Da qui il nuovo accordo in conferenza unificata volto a disciplinare una collaborazione tra i vari soggetti istituzionali che gravitano intorno al percorso di cura del paziente che entra nel circuito penale.

Tutti, tranne gli avvocati che non sono mai menzionati come interlocutori e partecipanti utili alla creazione di pratiche costruttive e migliorativi di sistema. E ciò a dispetto della inclusione della professionalità forense in differenti tavoli di consultazione regionali permanenti sulla sanità penitenziaria (si veda ad esempio delibera Giunta regionale veneta n. 14 del 7.1.2020 [1] con cui è stata integrata la partecipazione all’ Osservatorio Permanente Interistituzionale per la salute in carcere dell’Ordine degli avvocati con pieno riconoscimento del ruolo  istituzionale)  e della specifica sollecitazione che in tal senso arrivò dalla risoluzione del Consiglio Superiore della Magistratura del 24 settembre 2018 che indico come “indispensabile assicurare il coinvolgimento dell’avvocatura” perché attraverso i suoi organismi rappresentativi partecipi al progetto e contribuisca a fungere da collante sul piano procedurale e da soggetto attivo nella ricerca di soluzioni eque per le esigenze di cura delle persone affette da patologie psichiatriche che abbiano commesso reati” [2].

2. Nell’atto licenziato è prevista l’attivazione di una serie di organi di controllo: la Cabina di regia nazionale, con funzione di coordinamento, monitoraggio e indirizzo del presente accordo nell’ottica della condivisione e della concertazione di un sistema atto a garantire l’appropriatezza dei percorsi assistenziali e il Punto Unico Regionale (P.U.R.) con l’obiettivo di fornire supporto all’Autorità giudiziaria per dare esecuzione ai provvedimenti applicativi di misura di sicurezza detentivi in base al principio di territorialità. Il Dap si porrebbe a fianco a svolgere funzioni di raccordo e supporto.

2.1. Molteplici funzioni sono assegnate al P.U.R. dall’art. 3 del nuovo accordo, tra cui quello di “promuovere protocolli operativi con le Autorità giudiziarie presenti sul territorio” per elaborare percorsi condivisi assistenziali in favore dei pazienti psichiatrici e protocolli per far si che le Autorità giudiziarie invitino i periti e i consulenti a  prendere contatti con il P.U.R. al fine di individuare percorsi di cura individuali anche di tipo residenziale disponibili ed eventualmente idonei ad accogliere il paziente per l’elaborazione dei percorsi di cura.

Il P.U.R. dovrà anche controllare e monitorare le liste di attesa per le Rems regionali, revisionandole periodicamente anche attraverso lo scambio con il DAP di ogni dato ritenuto rilevante nel rispetto del principio di leale collaborazione.

Le liste di attesa dovranno essere intese come “strumento dinamico che viene costantemente aggiornato per includere le persone assegnate e stabilire l’ordine di priorità dell’inserimento in Rems secondo criteri definiti da ogni singola Regione e PPAA di concerto con l’Autorità giudiziaria (mediante appositi accordi/protocolli) nel rispetto dei principi indicati di seguito”.

E ancora all’art. 10 si è previsto che le Regioni e le provincie autonome e gli uffici interdistrettuali per l’esecuzione penale esterna (UEPE) dovranno definire con la magistratura mediante specifici accordi le modalità di collaborazione ai fini dell’attuazione della legge 81/2014.

2.2. In sintesi, l’ambizioso documento prevede la formazione di una Cabina di regia nazionale e di un Punto unico regionale (P.U.R.) con il compito di elaborare protocolli con le Autorità giudiziarie territoriali per i percorsi assistenziali in favore dei pazienti, per indirizzare i periti e i consulenti al P.U.R. e per la gestione delle liste di attesa.

Oltre ad altri accordi di collaborazione tra magistratura e UEPE sanità, sempre ad opera delle Regioni per cercare di far applicare la legge 81/2014.

L’elaborato declina e specifica in via definitiva i criteri territoriali di presa in carico dei pazienti quando gli autori di reato sono stranieri, senza fissa dimora e senza documenti. Annosa questione che complica moltissimo la realizzazione dei percorsi di cura delle persone che ora si auspica sia chiarita con indicazioni chiare.

3. Che ne sarà delle svariate decine di protocolli già esistenti a livello regionale che sono stati scritti proprio per attivare forme di dialogo e collaborazione tra magistratura, sanità, Provveditori penitenziari e Regioni in forza e su sollecitazione anche delle importanti circolari del Consiglio Superiore di Magistratura del 2017 e 2018?

Trattasi di lavori complessi che forse meriterebbero aggiornamenti ma non di essere ignorati.

Questi protocolli ci sono anche se fanno fatica ad essere diffusi e sono poco conosciuti da tutti i soggetti istituzionali e dagli operatori sul campo. Forse sarebbe utile partire dal lavoro già esistente: diffondendo (magari aggiornandolo), in modo che chi opera sul campo conosca le utili linee di lavoro che già sono state scritte. Più che promuovere ulteriori accordi per ricercare forme di collaborazione che già sono state declinate in accordi ma che sono poco praticate.

Resta da capire che differenza ci sia tra i protocolli che dovrebbe sollecitare il P.U.R . secondo quanto scritto nell’art 3 e quelli che dovrebbero essere promossi dalla Regioni ai sensi dell’art. 10 e se quelli previsti dall’art. 10 non finiscano per essere la duplicazione di accordi già esistenti.

3.1. Il P.U.R. centralizzerà le informazioni in Regione.

Una ottima iniziativa se fosse limitata a consentire agli operatori (e anche agli avvocati attraverso il canale istituzionale) di conoscere i posti disponibili in Rems, i criteri di gestione delle liste di attesa (anche attraverso una condivisione delle linee di principi), le comunità esistenti con le specialistiche relative e i dipartimenti di salute cui sono collegate, e le modalità di accesso e la indicazione dei relativi responsabili per accoglienza.

Una geografia dell’offerta in tema di salute di facile accesso per tutti.

Diversamente, e in assenza di leale collaborazione e di trasparenza di dati, resterà sempre più agevole domandare alla Corte Europea la soluzione della situazione invocando provvedimenti cautelari per garantire le cure necessarie. Con aggravio di lavoro e di costi per l’Italia.

3.2. Molto più preoccupante è il tentativo di affidare al P.U.R., luogo lontano dalla pratica quotidiana e dai bisogni contingenti che situazioni tanto delicate e complesse continuamente pongono, la individuazione di percorsi di cura individuali anche di tipo residenziale in accordo con la Magistratura.

Come verrà declinata questa attività che deve essere protocollata è difficile capirlo.

È difficilmente ipotizzabile che i giudici chiameranno il P.U.R o inviteranno i periti a relazionarsi con il medesimo organismo per capire le liste di attesa in Rems e/o per avere una indicazione di comunità o di percorso di cura.

E servizi di salute mentale e i CPS di riferimento che ruolo avranno o non avranno?

La lontananza della gestione centralizzata di percorsi di cura non consentirà di attuare la “personalizzazione” dei percorsi che rappresenta la parte migliore della riforma portata dalla legge 81/2014 che affida il paziente ai propri Dipartimenti di Salute mentale.

Personalizzazione che si può realizzare solo attraverso la conoscenza che i Servizi di cura hanno delle persone anche con le informazioni messe a disposizione dagli avvocati che conoscono l’evoluzione e lo stato del procedimento penale entro il quale si deve declinare la misura si sicurezza e i percorsi di cura necessari ed eventualmente la presenza di differenti procedimenti penali da coordinare in modo da non disperdere quanto in costruzione in termini di salvaguardia della salute.

Perché come ben è stato scritto nel recente commento pubblicato su Sistema Penale dal Magistrato di Milano Beatrice Secchi in definitiva occorre pensare a come curare anzichè solo a dove collocare nel rispetto dei diritti fondamentali di ogni individuo[3].

La realizzazione di tutti i protocolli che il P.U.R. dovrebbe realizzare appare impresa difficilissima e per alcuni passaggi anche inutile e pericolosa.

Nella pratica quotidiana molti dei passaggi indicati già si realizzano attraverso buone prassi che andrebbero valorizzate. Anche ascoltando chi pratica i processi e visita i luoghi di cura.

[1]  Sul Bur del 28/01/202 è pubblicata deliberazione della Giunta regionale veneta n. 14 del 7 gennaio 2020 dal titolo “Osservatorio permanente interistituzionale per la salute in carcere: aggiornamento composizione” con cui è stata recepita la decisione dell’Osservatorio permanente di integrare i componenti con rappresentanti della magistratura di cognizione, dell’ordine degli avvocati e dell’ufficio interdistrettuale per la gestione del paziente sottoposto a misure di sicurezza  al fine di condividere la ricerca di soluzione eque per le esigenze di cura delle persone detenute.

[2] Si vedano Risoluzioni CSM del 19 aprile 2017 e 24 settembre 2018 (Risoluzione CSM 2018Risoluzione CSM 2017)

[3]  https://www.sistemapenale.it/it/opinioni/cedu-misure-per-sollecitare-cura-servono-nuove-rems

Antonella Calcaterra
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