Corte Costituzionale: la grave malattia mentale può essere curata fuori dal carcere. Osservatorio stopOpg: un altro passo avanti per superare la logica manicomiale.

di Stefano Cecconi, Giovanna Del Giudice, Patrizio Gonnella.

La sentenza della Corte Costituzionale n. 99/2019 è un ulteriore passo in avanti nel faticoso processo per superare le discriminazioni a cui vengono sottoposte le persone affette da disturbo psichico, ancorché in situazione di detenzione. Fino a tale sentenza nel caso infermità psichica sopravvenuta alla condanna, diversamente che nel caso di malattia fisica, per assicurare le cure necessarie, il/la detenuto/a non poteva accedere agli istituti del “differimento obbligatorio o facoltativo della pena previsti dagli artt. 146 e 147 codice penale, né alla detenzione domiciliare cosiddetta “in deroga”.

La Corte ribadisce che in applicazione delle legge 81/2014 non è possibile in caso di  malattia mentale sopravvenuta il ricovero del detenuto nelle Rems non avendo queste sostituito i vecchi OPG, nei quali fino alla loro chiusura avveniva tale ricovero, ma essendo queste “luoghi di esecuzione delle sole misure di sicurezza”.

L’assistenza ai detenuti con malattia mentale sopravvenuta va prestata nelle sezioni sanitarie delle carceri oppure fuori dal carcere, con misure alternative disposte dal tribunale di sorveglianza.

In ogni caso è «preciso dovere della autorità giurisdizionale provvedere alla interruzione della carcerazione» nel caso in cui la particolare gravità della patologia, la inadeguatezza delle cure o la assenza di condizioni materiali idonee, rischi per il protrarsi del trattamento detentivo di dar luogo a un trattamento degradante.

Ritorna così in piena evidenza la necessità di un organizzare un nuovo rapporto di collaborazione tra Giustizia (Magistratura) e Sanità (Regione, Asl, DSM), grazie al quale i progetti di cura dei pazienti siano definiti concordemente, distinguendo il mandato sanitario da quello custodiale, come si inizia a vedere in alcune realtà dove si sono sperimentati protocolli di intesa.

Rimane ora da superare il ricovero in Rems di persone in misura di sicurezza provvisoria, che sono la causa prevalente della liste di attesa per alcune Rems.

per L’OSSERVATORIO

Stefano Cecconi, Giovanna Del Giudice, Patrizio Gonnella

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